Il web non ha soppiantato la carta, almeno per quanto riguarda l’informazione locale in Italia. Il numero delle testate è infatti aumentato negli ultimi venti anni: nel 2001 c’erano 99 quotidiani cartacei e nel 2022 sono diventati 120, questo a fronte di una crescita dell’on line con 416 quotidiani attivi a marzo 2021. E’ questo lo scenario che emerge da uno studio del professore Andrea Mangani del dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa pubblicato sulla rivista Economia e Società regionale. Se dunque la buona notizia è che la stampa locale è fondamentalmente in salute, e impiega oltretutto circa la metà dei giornalisti italiani, l’analisi restituisce comunque un quadro fatto di luci e ombre.
“Negli ultimi venti anni l’informazione cartacea locale ha attraversato una fase di transizione lunga e difficile, non ancora conclusa – spiega Andrea Mangani – oltre alla concorrenza-cannibalizzazione con l’online, si è dovuta confrontare con i social media che hanno iniziato ad offrire servizi di informazione a milioni di utenti”.
Secondo i dati del 2021, il maggior numero di testate cartacee si concentra soprattutto al Nord. Nelle regioni meridionali, dove le risorse economiche rimangono oggettivamente inferiori rispetto al Centro-Nord, i quotidiani on line sono comunque numerosi. Nel dettaglio, la Lombardia detiene il record con 21 quotidiani su carta e 60 on line, seguono la Campania con 11 e 39, l’Emilia-Romagna con 8 e 34, mentre nella parte medio alta della classifica c’è anche la Toscana con 5 testate cartacee e 30 on line.
“Negli ultimi venti anni l’informazione cartacea locale ha attraversato una fase di transizione lunga e difficile, non ancora conclusa – spiega Andrea Mangani – oltre alla concorrenza-cannibalizzazione con l’online, si è dovuta confrontare con i social media che hanno iniziato ad offrire servizi di informazione a milioni di utenti”.
“I problemi in relazione ai futuri sviluppi dell’editoria locale, specialmente se consideriamo lo spazio digitale il punto di arrivo inevitabile, riguardano soprattutto il modello di business – spiega Andrea Mangani – Se infatti è la pubblicità è ancora oggi la modalità di finanziamento più diffusa per l’on line questo comporta, nel breve periodo, una concorrenza agguerrita per la spartizione di risorse scarse, e, nel lungo, la dipendenza da fonti di finanziamento incerte”.
Le testate online che cercano di affrancarsi, almeno parzialmente, dal finanziamento pubblicitario mettendo contenuti a pagamento sono solo un terzo del totale. Si tratta poi di giornali localizzati nelle regioni settentrionali, che tendono ad appartenere a gruppi editoriali e che hanno una corrispondente versione cartacea. Un quotidiano on line controllato da un gruppo può infatti contare sullo sfruttamento di economie di scala e di gamma, a loro volta associate a grandi dimensioni e numerosità dei servizi offerti.
“Nonostante la crescita del pluralismo informativo locale dovuta soprattutto al web – conclude Mangani – rimangono tuttavia elementi di apprensione che riguardano la sostenibilità di un’offerta di informazione così ampia, informazione che resta cruciale per conservare forme di pluralismo compatibili con la partecipazione politica, sociale ed economica dei cittadini”.