di Olivia Carone
Sempre più spesso assistiamo a dibattiti e leggiamo opinioni riguardo il tema della sostenibilità, tuttavia l’impressione che ne traggo è quella di essere ancora lontani dal capirne compiutamente il senso. Forse gli episodi di devastazione ambientale di questi giorni ci aiuteranno a comprendere che abbiamo innescato un fenomeno che non siamo in grado di controllare anche qui in Italia, che finora, culla del Mediterraneo, era stata abbastanza protetta dalla rudezza degli elementi climatici intensi.
Eppure sin nella prima definizione creata da Gro Harlem Brundtland nel 1987, presidente della World Commission on Environment and Development, WCED, è contenuto tutto l’essenziale: «Lo sviluppo sostenibile è quel tipo di sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri». Si tratta di una visione valida ancora oggi, che dimostra la complessità dell’applicazione del concetto quando entra in contatto con le azioni e l’economia umane, senza le quali non sarebbe necessaria.
L’equilibrio del sistema chiuso terrestre, dato che si tratta di un solo pianeta dalle dimensioni e quantità ben definite se pur grandi, è stato alterato in tempi brevi rispetto ai tempi naturali, da una serie di azioni umane che hanno modificato tutto o in parte, il regolare funzionamento dei sistemi naturali di mantenimento della vita e creato forti squilibri che ora dovrebbero essere corretti secondo precisi criteri.
Possiamo dire che oggi la sostenibilità si dovrebbe manifestare come un equilibrio tra l’uomo e il suo ambiente, un equilibrio che dura a lungo, stabile e non con azioni costantemente disarmoniche o distruttive.
Ne consegue che per non aumentare l’attuale squilibrio dovuto allo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali che abbiamo a disposizione dal pianeta, al prosciugamento delle risorse idriche e all’inquinamento, dovremmo organizzarci e modificare per tendere a “prosperare in equilibrio”. In equilibrio con le possibilità dell’ambiente naturale nella sua totalità.
Perciò non possiamo più affidarci alle mentalità che in passato hanno creato il problema dell’attuale sviluppo insostenibile per trovare soluzioni innovative e creativamente efficaci, ci occorre innovazione e nuova linfa vitale, giovane, lontana dai condizionamenti del passato e certamente più consapevole ed attenta.
Ci occorre assolutamente un cambiamento di passo culturale, profondo, sul fatto che non puo’ esistere una crescita infinita in una realtà fisicamente finita e a scapito dell’ambiente stesso, ma può garantire sicurezza e durabilità solo quella compatibile con i meccanismi naturali che ci sostengono da milioni d’anni.
Dunque per “prosperare in equilibrio e in benessere con il nostro ambiente”, le società umane definite tecnologicamente ed economicamente avanzate, devono affinare un nuovo modello basato su criteri e pratiche di sviluppo fluido e interconnesso, dinamico, ma non lineare e infinito, ma, per definizione, “circolare”.
Il che non significa come potrebbe sembrare, dover rinunciare, ma dover avanzare culturalmente e tecnologicamente in accordo con il nostro ambiente.