Milano il 7 dicembre celebra il suo Patrono, Sant’Ambrogio, e inaugura la stagione al Teatro alla Scala, evento con cui entra nelle dimore di mezzo mondo, incantate dal bagliore delle scenografie, da regie magistrali e dalla perfezione dei suoni.
Sontuosa bellezza e candida bontà sono le due anime di questa magnifica città, nella quale in questo 7 dicembre brillano più che mai, al chiarore della Madonnina, le benemerenze civiche concesse annualmente dal Comune di Milano a quei cittadini virtuosi, doc o di adozione, che negli ultimi dodici mesi si sono distinti per particolari qualità o per il grado delle loro qualità.
L’Ambrogino d’Oro, il riconoscimento cui ciascun meneghino (pur forse segretamente) ambisce, non ha nulla a che fare con l’ambizione.
Per attribuirlo si valutano infatti le opere concrete nel campo della scienza, delle lettere, delle arti, dell’industria, del lavoro, della scuola, dello sport. E poi le iniziative di carattere sociale, assistenziale e filantropico, la particolare collaborazione alle attività della pubblica amministrazione, nonché gli atti di coraggio e di abnegazione civica che abbiano in qualsiasi modo ampiamente giovato alla città.
Tra i 15 cittadini che oggi ritirano l’Ambrogino d’Oro abbiamo voluto ascoltare Suor Anna Monia Alfieri, legale rappresentante delle scuole Marcelline in Italia, membro della Consulta di Pastorale scolastica e del Consiglio Nazionale Scuola della CEI.
Suor Anna, che cosa rappresenta per lei questa benemerenza?
“Per me è il riconoscimento di una idea, quella della libertà educativa. Mi sorprende che una Istituzione civile come il Comune di Milano riconosca il mio impegno, la mia lotta, per avere una scuola libera e di alta qualità, mentre il Governo faccia tanta fatica a comprenderne il valore”.
Ci racconti
“Intendo anzitutto la piena realizzazione dell’Articolo 30 della Costituzione Italiana, che recita: E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli […]. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
Ritengo tuttavia che non vi possa essere alcuna responsabilità, se non viene garantita ai genitori, alle famiglie, la libertà di scegliere la scuola migliore per l’istruzione della prole. Non esiste libertà educativa senza libertà economica”.
A che cosa fa riferimento?
“Rileggiamo l’Articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dove afferma che l’istruzione, gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e di base, deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
Parlo della situazione della scuola in Italia, che discrimina economicamente i cittadini in base al censo: abbiamo due scuole pubbliche, quella statale – che viene definita gratuita, ma in realtà non lo è – e quella paritaria, per accedere alla quale occorre pagare una retta. Infatti l’Articolo 26 recita anche: i genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli. Ma come fanno ad avere diritto nella scelta se contemporaneamente devono pagare rette per taluni insostenibili?”. Evidentemente chi è ricco ha più diritto nella scelta di chi non lo è.
La scuola presenta le stesse criticità anche in Europa?
“No, in Europa il sistema scolastico appare meno iniquo: crea anzi le premesse affinché i cittadini di domani – i loro, i nostri figli – possano guidare il mondo con consapevolezza e competenza. L’Europa favorisce la libera concorrenza e permette così l’innalzamento del livello qualitativo dell’istruzione. Le famiglie vengono realmente sostenute economicamente per poter operare una libera scelta della scuola che ritengono migliore.
In Italia diamo pochi strumenti ai nostri giovani – soprattutto a chi non ha i mezzi per scegliere un’istruzione di qualità, sempre garantita dallo Stato – e, così facendo, rubiamo un pezzetto del loro futuro”.
Cosa si può fare per riprendere in mano il timone della scuola italiana?
“Dobbiamo dialogare con i politici affinché la scuola non resti un privilegio per i più abbienti o sia accessibile solo a una parte dei nostri giovani. Deve viceversa essere gratuita e non discriminatoria”.
Qual è il suo pensiero sulla gestione scolastica in questo 2020, definito da molti un annus horribilis?
“Abbiamo sprecato una opportunità non trasformandolo, per l’ambito educativo, in un annus mirabilis. Avremmo potuto affrontare e finalmente risolvere il problema dell’organico – vi sono docenti di matematica ove occorrono quelli di lettere e viceversa – e garantire la scuola agli 8 milioni di studenti italiani, favorendo accordi tra le 40.000 scuole scuole statali e le 12.000 scuole paritarie: avrebbero colmato insieme il gap educativo, aumentando l’accessibilità e diminuendo la dispersione scolastica.
Auspico che non si perda la partita perché dobbiamo preparare la scuola del 2021: la Legge di Bilancio deve essere discussa e devono essere accolti i sei emendamenti proposti dal mondo della scuola, ponendo attenzione anche all’aiuto alla disabilità. Dobbiamo, insomma, scongiurare la politica dell’assistenzialismo sociale tout court, il quale annienta la meritocrazia e abbassa il livello culturale”.
Ringraziamo Suor Anna e chiudiamo con un momento di silenziosa riflessione.
Quest’anno oltre all’Ambrogino d’Oro la Città di Milano ha consegnato una onorificenza concessa in casi del tutto eccezionali, la Grande Medaglia d’Oro, di cui ha insignito – alla memoria – gli OPERATORI SANITARI CADUTI SUL LAVORO PER COVID-19.
Il Presidente della Federazione Nazionale Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri – FNOMCeO, Filippo Anelli, ha ricordato recentemente le parole di Ungaretti i morti non fanno rumore, non fanno più rumore del crescere dell’erba commentando “eppure, i nomi dei nostri amici, dei nostri colleghi, messi qui [sul sito della FNOMCEO listato a lutto], nero su bianco, fanno un rumore assordante”.
Chiara Francesca Caraffa